L'8
settembre 1943 la Divisione Alpina Cuneense, della quale mio padre faceva
parte, essendo una recluta del 1° reggimento alpini battaglione "Pieve di
Teco", era di stanza in Alto Adige con compiti di sorveglianza e protezone
di obiettivi sensibili.
La
truppa era composta per un terzo dai reduci della Russia e per i restanti due
terzi dalle reclute del '23 le quali non avevano un addestramento adeguato per
affrontar il nemico ma l'inesperienza era sopperita dalla forte motivazione
antitedesca impartita dai reduci ai giovani soldati i quali dal canto loro
avevano già potuto notare l'ostilità da parte della popolazione altoatesina di
lingua tedesca.
Mio
padre si trovava lì, purtroppo a causa della censura nelle lettere non può
descrivere cosa in realtà stesse facendo e non aveva ancora deciso di tenere un
diario che iniziò a tenere dopo la sua cattura il giorno dell'armistizio, ma
gli stati d'animo si intuiscono in maniera molto chiara, va ricercato il senso
dentro frasi che apparentemente un senso non hanno, occorre saper leggere tra
le righe. Si esprime con dovizia di particolari, a volte con toni molto puerili
ma ricco di passione giovanile altre scarno e schematico; l'importanza di un
diario è che immortala come una fotografia ciò che avviene in quel particolare
momento, non è scritto a posteriori, non ci sono revisioni, lo stile passa in
secondo piano e ciò che si descrive non è
scritto solo da un testimone di un fatto ma dal protagonista stesso. Per
questo motivo il diario non ha subito correzioni ma è fedele copia
dell'originale quadernetto scritto a matita.
Mio
padre voleva dimenticare tutto quel triste periodo ma allo stesso tempo, col
diario, voleva che non fosse dimenticata per sempre quella esperienza ma che
servisse da monito alle generazioni successive affinchè non dimenticassero che
la loro libertà è stata conquistata col sacrificio di altre generazioni di
giovani.
Quarta
di copertina
18
giugno 1944
Non
sono ancora le 10.45 quando una grandinata di bombe cade tutt'intorno al
betrieb e parecchie caramelle ne colpiscono gli edifici. Io che stavo in piedi
davanti ad un pilastro improvvisamente l'ho visto abbattersi e ritornare nella
stessa posizione: che inferno! Nel rifugio si sparge un calore ed un odore acre tipico delgli incendi; ci buttiamo fuori come
pazzi: che spettacolo! L'edificio dove era situata la cucina, colpito da una
bomba incendiaria era in preda alle fiamme, quello che era un immenso magazzino
di ogni sorta di materiale non era più che un ammasso di macerie fumanti. Bombe
cadute qui e là avevano creato crateri ardenti. Non c'era un minuto da perdere!
C'eravamo solo noi 50. Sotto una gragnuola di bombe, perchè ancora il
bombardamento continuava, demmo mano alle gomme ma l'acquedotto non aveva sufficiente
pressione per giungere fino al quinto piano perciò si rese necessario portare
due motori al canale e farli aspirare acqua da lì. Dei pompieri neanche
l'ombra. Tremando tutti come foglie iniziammo a circoscrivere gli incendi. Io
ed un certo Bertuna mentre stavamo sistemando una scala sentimmo una voce
provenire dalla finestra: è una polacca molto carina che si trova nel locale
lavanderia preso dal fuoco. Mi butto su per la scala ed entro dalla finestra.
Mentre una squadra spegne il fuoco un'altra cerca di salvare il sablvabile
nell'uffici. Alle 14.50, dopo circa tre ore di lotta arrivano il padrone ed i
pompieri ma tutto è domato e salvato. Quindi si mangia e si torna al lavoro.
Frattanto tutta Amburgo arde e fuma.
Paola
Maccario nata a Sanremo nel 1964,
vive a San Biagio della Cima dove ha rivestito la carica di sindaco e di
presidente della Comunità Montana Intemelia.
Francesco
Maccario nato a San Biagio della Cima nel 1923 ha lavorato fino alla pensione nella filiale di
Ventimiglia dell'Istituto Bancario San Paolo di Torino, negli anni '50 è stato
in amministrazioni del suo paese. E' morto nel 1988 cadendo da un albero di
mimosa floribunda intento a fare le margotte per la sua nuova attività da
pensionato.