"Parla de kyè" il film documentario del regista Sandro Gastinelli sul rito della fienagione in Valle
Maudagna riproposto al Salone del Libro di Montagna dopo 20 anni dalla sua realizzazione.
Il rito della fienagione come veniva inteso in Valle
Maudagna, pratica in uso fino all’inizio degli anni ’60. Il film è
rigorosamente interpretato nel dialetto del kyè. Partecipano il regista ed i
protagonisti. Il film ha ricevuto il premio Vallis Agri al 45° Festival
Internazionale di Trento e il Premio “Le diable d’or” al 28° Festival
International du Film Alpin a Les Diableret
(Svizzera)
Sinossi -
Piero Tassone è un anziano contadino che si accorge di non avere altro da
lasciare se non il ricordo appassionato della sua esperienza montanara legata a
"... riti, usanze, modi di fare, di dire e di essere, tipici di un tempo
ormai definitivamente tramontato". Decide così di scrivere personalmente
il racconto del periodo più felice della sua vita, quando con i suoi coetanei
saliva su verso i "tech", i casolari, per procurarsi il fieno,
ammucchiandolo a formare il covone e trasportandolo a valle durante l'inverno
per mezzo di slitte. È il rito della fienagione così come veniva intesa in
valle Maudagna, un rito che dalla fine degli anni 50 è stato via via abbandonato
ma che è stato per secoli una necessità per sopravvivere.
Piero Tassone ricorda nel suo manoscritto l'ultima e nostalgica fienagione che fece con i suoi amici nel 1963 "... fatta tra amici più per sentirci giovani ancora una volta che per necessità. Prova ne è che con noi non c'erano i ragazzini come un tempo. Nulla sarebbe più stato tramandato alle generazioni future".
Nel suo diario ricorda tutte le vicende di quell'ultima fienagione: la partenza estiva da Friosa, il Borgo, i Bergamini, la molatura collettiva delle falci, il taglio dell'erba, la costruzione del covone, ma anche la colazione nei campi, le donne, il fuoco per la polenta, la sorgente per bere, la cena, il riposo, il ritorno a valle, e poi l'inverno, l'allestimento della strada di neve battuta per la discesa, il taglio del fienile con il "taièt", il caricamento delle slitte e l'ultimo ritorno a casa. Il tutto inframmezzati dal ricordo dei brevi, quanto efficaci, e a volte spassosi dialoghi tra i protagonisti, rigorosamente in dialetto "Kyè".
Piero Tassone potrà essere fiero del suo diario perché grazie a questo non andrà persa "... la piccola storia di un lavoro bellissimo e faticoso che per noi fu una necessità per sopravvivere in queste terre alte, a metà tra la collina e i monti".
Piero Tassone ricorda nel suo manoscritto l'ultima e nostalgica fienagione che fece con i suoi amici nel 1963 "... fatta tra amici più per sentirci giovani ancora una volta che per necessità. Prova ne è che con noi non c'erano i ragazzini come un tempo. Nulla sarebbe più stato tramandato alle generazioni future".
Nel suo diario ricorda tutte le vicende di quell'ultima fienagione: la partenza estiva da Friosa, il Borgo, i Bergamini, la molatura collettiva delle falci, il taglio dell'erba, la costruzione del covone, ma anche la colazione nei campi, le donne, il fuoco per la polenta, la sorgente per bere, la cena, il riposo, il ritorno a valle, e poi l'inverno, l'allestimento della strada di neve battuta per la discesa, il taglio del fienile con il "taièt", il caricamento delle slitte e l'ultimo ritorno a casa. Il tutto inframmezzati dal ricordo dei brevi, quanto efficaci, e a volte spassosi dialoghi tra i protagonisti, rigorosamente in dialetto "Kyè".
Piero Tassone potrà essere fiero del suo diario perché grazie a questo non andrà persa "... la piccola storia di un lavoro bellissimo e faticoso che per noi fu una necessità per sopravvivere in queste terre alte, a metà tra la collina e i monti".